Posted marzo 8, 2006 by

Cenerentola e il dio Pan

C’era una volta, in un paese lontano, un gentiluomo vedovo che viveva in una bella casa con la sua unica figlia. Egli naturalmente pensava che la sua adorata bambina fosse la più bella, la più intelligente, la più dotata del mondo e volendole donare l’unica cosa che ancora le mancava, cioè una madre, si risposò con una donna che aveva a sua volta due figlie, pensando di rendere così la sua vita veramente perfetta.
Non si calcolano i danni che può fare un genitore in buona fede, infatti lui la vita gliela rese un inferno. Di lì a poco il gentiluomo morì, lasciando la figlia sola alle prese con la matrigna, le sorellastre e l’ansia da perfezione, unico dono che il generoso padre le aveva lasciato in eredità.
Questo tipo di nevrosi la portava a comportarsi in modo abbastanza molesto, o almeno così la pensavano le sorelle che ben presto presero a odiarla. Non facevano in tempo a levarsi una scarpa che già lei gliela stava lucidando. Non ci si poteva soffermare a tavola mezzo minuto in più perché lei doveva riassettare in fretta. La soffitta dove viveva poi sembrava una sala operatoria; perfino i topi erano stati accuratamente lavati, disinfettati e vestiti come tanti damerini.
La sindrome peggiorò fino al punto da indurla a dare alle fiamme qualsiasi cosa potesse sporcare. Il fuoco, si sa, è la massima espressione di igiene. Fu per questo che chiese a gran voce la cremazione per le spoglie del suo povero papà e che le venne appioppato il nomignolo di Cenerentola.
Ma a voi avranno raccontato che il nome era dovuto alla sua abitudine di sedersi sulla cenere per scaldarsi, no? Ingenui.
Dall’altra parte della città c’era il Palazzo Reale e Cenerentola, affacciata alla minuscola finestrella della sua soffitta, sognava quanto sarebbe stato bello poter passare il Lysoform in quei saloni immensi.
Fu così che quando il Re invitò tutte le fanciulle del Reame ad un grande ballo perché il Principe suo erede potesse scegliere fra loro quella che sarebbe divenuta sua moglie, Cenerentola rispose risoluta:
– Non se ne parla neanche.

Il solo pensiero di dover scegliere il vestito giusto, le scarpe, l’acconciatura e dover competere con centinaia di altre donne, neanche fosse un casting per la réclame della candeggina, le mise un’ansia tale che per riprendersi le toccò lavare e asciugare col phon tutti i topi della soffitta, un paio di volte ciascuno.
E venne il gran giorno. E a Cenerentola un attacco di panico.
Si chiuse in soffitta e nessuno la vide più. Proprio quando alle sorellastre sarebbe servita una ripassata alla sottogonna e una lucidata ai diademi, lei riusciva solo a guardare mesta il palazzo lontano che risplendeva di luci.
Ma come in tutte le favole, qualcosa o qualcuno venne finalmente in suo aiuto. Si era quasi addormentata (ma lei credeva di essere morta), quando scorse una piccola luce che volteggiava nel buio della stanza.
– Chi sei?
– Sono la Fata Efedrina.
E all’improvviso Cenerentola si ritrovò vestita di tutto punto, con l’abito più bello che avesse mai visto, scarpette scintillanti e una carrozza parcheggiata sotto casa. Si precipitò giù dalle scale e appena salita in vettura questa cominciò a volare leggera, trainata da tre coppie di cavalli alati, e la portò ad un castello costruito sopra le nuvole. Qui l’attendeva un salone col pavimento così lucido da poterci mangiare e un bellissimo giovane, con cui danzare alla luce della luna.
Insomma, più che un gran ballo un grande sballo.
Ma venne anche la mezzanotte, al cui primo rintocco il Principe si schiarì la voce e sentenziò:
– Si è fatta una cert’ora…
Cenerentola, che era nevrotica ma mica scema, colse subito in quello sguardo la brama di lui e immediatamente l’associazione tra "sesso" e "sporco" si fece strada nella sua testolina, insieme a un nuovo attacco di panico, mentre i rintocchi aumentavano e il down subentrava inesorabilmente allo sballo.
Com’è come non è (lei di sicuro non se lo ricorda), Cenerentola si ritrovò per strada vestita solo di qualche brandello, con una zucca, un cane, qualche topo e un signore sdentato, che le si presentò come Arturo Cobellis detto O’ Principe. Già che c’erano fumarono un po’ di crack insieme, ma subito dopo Cenerentola scappò via senza lasciare nemmeno un numero di cellulare.
Al povero Principe non rimase di lei che qualche traccia di DNA su una pipetta di cristallo.

Episodio precedente: Cappuccetto Rosso e la bulimia

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  1. pbeneforti commented:

    non vale tagliare via di brutto la storia della scarpa (che tra l’altro fa già ridere di suo: cioè, in un reame c’è una tipa sola con un cetro numero di scarpa?! o che misura portava, Cindy? il 28?!)

  2. manuelcalavera commented:

    credevo che la chiamassero così per l’ostinazione nel lavare le lenzuola con la cenere.

  3. manuelcalavera commented:

    del padre, ovviamente.

  4. diamonds commented:

    “qui est une vèritable decouverte”

  5. utente anonimo commented:

    ma il principe era azzurro? Come Italia forza?

    Harry

  6. dilaniagrini commented:

    severine sei fantastica!!!

    questa di Cenerentola non ha eguali!